COME COLLEZIONARE VIDEOARTE
Quando un medium diventa passione da collezione
La videoarte è una forma narrativa nata in America e arrivata in Italia nella prima metà degli anni Settanta.
Da subito ha conquistato l’interesse degli appassionati e dei collezionisti proprio perché è il medium del nostro tempo, che trova nella tecnologia la sua forma, la sua costruzione e la diffusione di un messaggio.
I primi collezionisti della videoarte sono stati i musei, il MoMA di New York con la curatrice Barbara London, che da subito ha acquisito ed esposto opere di Bruce Nauman e John Baldassari.
Oggi tra i collezionisti focalizzati prevalentemente, se non unicamente, sulla videoarte troviamo Diego Bergamaschi che ha fondato nel 2013 con altri sei appassionati collezionisti anonimi la Seven Gravity Collection, una raccolta di opere video condivisa che prevede anche l’assegnazione di un Premio d’arte VISIO in occasione de “Lo Schermo dell’Arte” Film Festival di Firenze.
In ambito internazionale troviamo invece l’ereditiera tedesca Julia Stoschek, la cui collezione è tra le più ricche del mondo nel settore delle opere “time-based”, ossia film, video, installazioni multimediali, progetti web e performance. Iniziata nel 2003, la raccolta conta oltre 860 lavori firmati da 282 artisti internazionali, con una prevalenza di autori americani ed europei, realizzati dagli Anni Sessanta del Novecento a oggi.
Recentemente la Founder della Julia Stoschek Collection ha scelto di condividere le sue opere di videoarte online, disponibili per la visione gratuita.
A partire dagli anni Sessanta del Novecento molti artisti hanno iniziato a registrare le proprie performance: il video si è dimostrato strumento testimoniare l’arte contemporanea. Oltre a documentare un certo avvenimento artistico che si svolge nel tempo, il video venne usato anche per riprendere le reazioni del pubblico, inserendo così anche gli spettatori nell’opera.
Agli albori la videoarte ha catturato l’attenzione dei collezionisti, ma non fino all’acquisizione. Lungimiranti invece i galleristi Leo Castelli e Ileana Sonnabend che proponevano sul mercato opere di videoarte già dal 1968 con prezzi sotto i 250 dollari.
Una grande espansione si ha negli anni Novanta, con Internet, che seppure permetta una riproducibilità e diffusione su larga fascia, spinge gli artisti a realizzare edizioni sempre più limitate a tutela delle proprie opere.
I video d’artista sono passati, nel tempo, da un’autoproduzione ad una vera produzione quasi cinematografica con circuiti molto più ampi, dove spesso vengono coinvolti gli stessi collezionisti e galleristi, immettendo sul mercato anche le fotografie e gli oggetti di scena.
Tra gli esempi il ciclo Cremaster di Matthew Barney o ancora le performance di Vanessa Beecroft.
Collezionare videoarte è possibile, tenendo a mente una condizione, una precauzione e un suggerimento:
- la condizione riguarda il rapidissimo sviluppo tecnologico che rende i supporti video obsoleti in breve tempo;
- la precauzione riguarda la stessa condizione e le normative sui diritti d’autore, per le quali è bene acquisire anche il consenso alla riproduzione
- come sempre, anche per la videoarte, diventa fondamentale la presenza del Certificato di Autenticità dove saranno riportate le caratteristiche tecniche e peculiari previste per il medium artistico specifico