Le Interviste di ProfessioneArte.it
Lui è Mauro Stefanini, gallerista e presidente ANGAMC
Cinque domande per conoscere in anteprima i grandi professionisti dell’arte, le quotidiane sfide da affrontare, le scelte che hanno determinato il loro percorso nel sistema e nel mercato dell’arte, i cambiamenti all’insegna del digitale e i consigli per chi desidera intraprendere la stessa carriera in collaborazione con ProfessioneARTE.it.
Da collezionista a gallerista il passo sembra essere breve, eppure non così semplice.
Questo è il percorso intrapreso venti anni fa da Mauro Stefanini, imprenditore e gallerista, dal 2016 Presidente di ANGAMC.
Imprenditore con la passione per l’arte, Mauro Stefanini, inizia da collezionista il suo percorso nel mondo dell’arte, focalizzando la propria attenzione verso l’arte informale italiana, la scultura, l’Espressionismo Astratto americano e l’arte del collage, scelte che ancora oggi sono ben evidenti nei progetti espositivi presentati all’interno della Galleria Open Art di Prato che compie vent’anni.
Un percorso lungo il suo, per un lavoro stimolante, ma che richiede grande competenza e professionalità, senza spazio all’improvvisazione.
Per questo, come racconta Stefanini nell’intervista “la sola passione non è sufficiente per portare avanti un lavoro così complesso”, il resto è tutto da leggere…
Mauro Stefanini è Gallerista e Founder della Galleria Open Art di Prato, nonché Presidente dell’ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea.
Mauro Stefanini, bolognese, trova nell’operosa città di Prato la collocazione ideale per la sua vocazione imprenditoriale dove, da quasi quarant’anni, è a capo di un’azienda leader nel campo dei servizi per l’industria tessile, dell’abbigliamento, del filato e dell’arredamento, attento a promuovere creatività e marketing.
Nel 2000, mettendo a frutto la passione di una vita, fonda a Prato la Galleria Open Art, presso la quale organizza importanti rassegne monografiche di artisti quali Jiri Kolar, Fernando De Szyszlo, Conrad Marca-Relli, Toti Scialoja, Walter Fusi, Paul Jenkins, assecondando la sua passione per la pittura informale italiana ed internazionale e dedica all’altra sua passione, la scultura italiana del Novecento, progetti espositivi (in mostra artisti del calibro di Agenore Fabbri, Marino Marini, Francesco Somaini, Mirko Basaldella, Beverly Pepper, Mauro Staccioli).
L’ultimo progetto internazionale, una mostra incentrata sull’Espressionismo Astratto americano dal titolo Made in America, ha visto esposti capolavori realizzati nel periodo d’oro del movimento americano da artisti del calibro di Sam Francis, James Brooks, Paul Jenkins, Conrad Marca-Relli, Michael Goldberg, Norman Bluhm.
L’ultima mostra prima della chiusura forzata di marzo 2020, un’antologica che ha ripercorso l’intera carriera dello scultore fiorentino Guido Pinzani, ha avuto grande successo di pubblico e vendite, con la collocazione di due sculture storiche nella prestigiosa collezione del MART (collezione VAF Stiftung).
Forte delle esperienze maturate e delle spiccate doti manageriali, nel 2016 diventa Presidente dell’ANGAMC – Associazione Nazionale delle Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea), associazione che ancora oggi presiede.
1.Com’è iniziato il suo percorso nel mondo dell’arte?
Ho cominciato a collezionare negli anni ’80, sedotto dal fascino sprigionato dalle opere d’arte e spinto dalla volontà di esserne circondato.
La mia interpretazione dell’essere collezionista non è molto dissimile da quella che do alla figura del gallerista.
Per me, imprenditore con la passione per l’arte, collezionare non è mai stato solo un hobby o una rispettabile “ossessione” ma soprattutto un modo di essere parte attiva dell’ambiente culturale contemporaneo.
In tal senso la mia evoluzione da collezionista a gallerista, compiutasi con la fondazione della Galleria Open Art nel 2000, ha significato la possibilità di contribuire in maniera più incisiva, nel mio piccolo, alle dinamiche culturali di questo Paese, grazie alla riscoperta di Maestri dimenticati, alla produzione di volumi in accompagnamento alle mostre, alla diffusione in Italia della produzione di artisti stranieri.
Ho applicato all’attività di gallerista i concetti di innovazione, investimento, creatività e cultura del lavoro mutuati dalla mia esperienza quarantennale nel campo dell’imprenditoria e ho costruito la mia collezione sulla base degli stessi interessi maturati durante gli anni di collezionismo: è nella seconda metà del Novecento che si colloca il mio campo di azione nutrendo le mie passioni più vibranti per l’arte informale italiana, la scultura, l’Espressionismo Astratto americano e l’arte del collage, di cui Jiri Kolar è un Maestro indiscusso.
2.Come descriverebbe la sua professione oggi?
E’ un lavoro eccezionalmente stimolante che può dare grandissime soddisfazioni, ma va fatto sempre con competenza e professionalità.
Comprare un’opera vicina alla mia sensibilità e collocarla in collezioni private prestigiose o in collezioni museali permanenti è motivo di grande orgoglio.
E’ una professione che con il tempo si è evoluta: gestirne l’attività è diventato più complesso per l’aumento esponenziale dei costi e per la burocrazia sempre più limitativa per il sereno lavoro di una galleria.
Detto ciò, puntare sulla qualità delle opere proposte e specializzarsi in movimenti o settori non trattati dai colleghi è la risposta giusta per imporre una propria idea all’interno del mercato nazionale e internazionale, consentendo di ottenere ottimi risultati in termini di vendite e di fatturato.
3. Come è cambiata nel tempo la sua professione?
La ricerca di un’opera d’arte è sempre stata l’aspetto più appassionante del mio lavoro. Qualche anno fa ci si armava della propria rete di contatti, costruita con enorme sacrificio, di un telefono e di un passaporto e si viaggiava in lungo e in largo per il mondo per assicurarsi un gioiello da proporre, orgogliosamente, alla propria clientela o per coltivare la conoscenza di un artista attraverso le visite in studio.
Con l’avvento di internet e con la conseguente globalizzazione del mercato dell’arte, se da un lato scovare un’opera è diventato più semplice, dall’altro venderla è diventato molto più complesso.
Al giorno d’oggi al collezionista basta impostare un alert su un motore di ricerca specializzato e con un click si collega ad una qualsiasi casa d’aste per competere con altri offerenti per l’opera di proprio interesse.
Ad un aumento esponenziale dei canali di vendita corrisponde naturalmente una concorrenza molto più agguerrita.
Mi consola sapere che un certo tipo di clientela sente il forte bisogno di affidarsi ai professionisti del settore, diffidando dall’operare autonomamente in un mercato che sa essere molto insidioso, se non lo si conosce a fondo.
4. Che impatto sta avendo il digitale nel suo settore?
L’e-commerce sta recitando la parte del leone in qualsiasi settore di mercato.
La proposta e la vendita online delle opere rappresenta la nuova frontiera anche nel mercato dell’arte: i social media come Instagram e Facebook e le piattaforme come Artnet e Artsy rappresentano uno strumento prezioso, che ci consente di raggiungere collezionisti internazionali che altrimenti non sarebbe possibile intercettare attraverso i canali tradizionali (quali fiere ed esposizioni in galleria), canali che come sappiamo al momento sono bloccati per motivi socio-sanitari.
Dubito tuttavia che il mondo virtuale riuscirà a soppiantare nel breve periodo quello “reale” per la necessità, ancora viva, del contatto interpersonale e del piacere di ritrovarsi nelle atmosfere frizzanti di fiere e mostre in galleria, in occasione delle quali è possibile ammirare le opere dal vivo ed entrare in contatto diretto con le stesse.
5. Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua professione?
La sola passione non è sufficiente per portare avanti un lavoro così complesso.
Bisogna studiare, viaggiare, frequentare fiere, musei e gallerie, sviluppare una fitta rete di relazioni: i collezionisti sono sempre più aggiornati ed esigono che gli operatori a cui affidano i loro risparmi siano molto preparati.
E’ bene inoltre partire con una buona solidità economica: i costi di gestione di una galleria sono alti se si pensa agli oneri derivanti dalla partecipazione alle fiere, alla produzione di mostre con relativi cataloghi, all’acquisto o all’affitto del fondo ed infine all’acquisto delle opere d’arte.
Per finire un ultimo consiglio: mai prendere scorciatoie, la gavetta è fondamentale per crescere professionalmente.
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