Le Interviste di ProfessioneArte.it
Lui è Roberto Concas, Storico dell’Arte, Museologo e Progettista di Sistemi Museali.
Cinque domande per conoscere in anteprima i grandi professionisti dell’arte, le quotidiane sfide da affrontare, le scelte che hanno determinato il loro percorso nel sistema e nel mercato dell’arte, i cambiamenti all’insegna del digitale e i consigli per chi desidera intraprendere la stessa carriera in collaborazione con ProfessioneARTE.it.
“Noi, con molti anni di carriera, abbiamo il dovere morale di rompere alcuni schemi mentali del Novecento, lo dobbiamo ai giovani perché possano rivoluzionare meglio il sistema”. E’ con questa volontà e spirito che Roberto Concas, Storico dell’Arte, Museologo e Progettista di sistemi museali si approccia al futuro dell’arte.
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Il nuovo avanza certo, ma pensare digitale significa, come afferma lui stesso, “sviluppare e velocizzare le nostre sinapsi neuroniche” a vent’anni quando si inizia a costruire la propria carriera, così come dopo quarant’anni trascorsi a progettare, dirigere, collaborare e ripensare all’organizzazione di innumerevoli musei, mostre e pubblicazioni.
Lo stesso approccio, privo di formattazione, gli ha permesso di condurre una ricerca lunga trent’anni, puntuale e fuori dagli schemi, che con determinazione ha portato alla scoperta di un vero e proprio inganno ordito da Leonardo da Vinci e in misura più ampia e ancora più sorprendente a riconoscere un linguaggio dell’arte…ma di questo ne leggeremo nel libro di prossima pubblicazione.
In questa intervista Roberto Concas sceglie volontariamente di non dare nessun consiglio ai giovani, ma anzi riconosce quelle imprescindibili caratteristiche che un futuro professionista dell’arte apprende nel proprio percorso e sono tutte da leggere…
Storico dell’Arte, Museologo, Progettista di sistemi museali: lui è Roberto Concas che sino a dicembre del 2018 ha ricoperto la carica di Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari del MiBACT.
Dagli anni Ottanta ha progettato, diretto e collaborato all’organizzazione di innumerevoli mostre e pubblicazioni, inoltre è autore del volume “Manuale Metodologico per Progettare un Museo”.
Ricercatore di semiotica dell’arte, ha interpretato un inedito sistema di scrittura nelle opere d’arte, espresso nel linguaggio della matematica diagrammatica che verrà presentato in un volume imminente dal titolo “L’inganno dell’Uomo Vitruviano – l’algoritmo della Divina Proporzione” (Giunti Editore) uno studio sul disegno che svela l’inganno ordito da Leonardo da Vinci rimasto irrisolto per 500 anni.
Grazie alla sua esperienza di oltre 40 anni nel settore dell’Arte supervisiona e si occupa dei rapporti istituzionali con gli enti pubblici di Art Rights e le procedure di riconoscimento degli standard museali, di gestione e valorizzazione.
1.Com’è iniziato il suo percorso nel mondo dell’arte?
Prestissimo, praticamente in fasce.
Alle scuole medie ho ricevuto una medaglia, a Roma in Campidoglio, come premio per un dipinto, o qualcosa di simile, e poi il Liceo Artistico Statale, una vera palestra di vita.
Allora, sul finire degli anni Sessanta erano momenti caratterizzati dalla discussione politica, ma principalmente culturale e artistica. Oltre la musica rock, pop e jazz, la fotografia e i film come Blow-Up, avevamo una “Bibbia” scritta da Giulio Carlo Argan, quattro volumi densi di storia dell’arte e di riflessione, stimolata da un gruppo di docenti di straordinaria levatura.
Fu in quell’ambiente “rivoluzionario” e indipendente, ricco di stimoli e di vivaci discussioni sull’arte che imparai la “ribellione”, a stare fuori dalle logiche di gruppo, alla ricerca di una mia strada.
Non sono mai stato un artista perché la mia mente correva più veloce della mia mano, e poi ero, e sono, insofferente alla disciplina superficialmente imposta, pur essendo molto disciplinato e rigoroso nel fare il mio lavoro per l’arte e per i musei.
Le scelte si pagano, ma ripagano, e quindi non mi pento.
Dal Liceo all’Università, un salto in “Paradiso”, in pochi allora studiavano Storia dell’Arte con l’ausilio di rare pubblicazioni con immagini rigorosamente in bianco e nero.
Poi la professione, il Ministero per i Beni Culturali, le mostre, la direzione dei musei, il ruolo di libero professionista, le docenze all’università, lo studio, la ricerca, l’impresa, il restauro e poi musei e ancora musei, dalla teoria, all’idea, al progetto, alla realizzazione ed alla gestione.
2.Come descriverebbe la sua professione oggi?
Sono un professionista da cantiere sperimentale continuo, che cerca di vivere una “maturità ribelle” e insofferente ai luoghi comuni dove: “le figure leggiadre si librano nello spazio dei sentimenti”.
Ormai è da più cento anni che le figure si “librano”.
Noi, con molti anni di carriera, abbiamo il dovere morale di rompere alcuni schemi mentali del Novecento, lo dobbiamo ai giovani perché possano rivoluzionare meglio il sistema.
Tuttavia, il nuovo avanza sempre con il vecchio: è con questo spirito che dopo oltre trent’anni di studi sono venuto a capo di una ricerca, condotta nella semiotica dell’arte, che mi ha portato a svelare “l’inganno dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci”.
E… anticipando le possibili osservazioni, preciso che è stata una scoperta importante ma casuale, mentre altro cercavo, una condizione che Horace Walpole ha definito: serendipity.
Nel frattempo ho imparato, con la semiotica dell’arte, ad entrare, partecipare ed uscire dalla scena di un dipinto come di uno spazio architettonico, seguendo i segni lasciati dagli artisti come traccia del loro linguaggio, scrivibile, leggibile e iterabile, espresso nella forma diagrammatica della matematica, un linguaggio iniziaticamente tramandato per secoli nelle botteghe.
E infine, ma non ultimo, sono entrato nel mistero dell’arte dove, come scrive Umberto Eco: […] L’artista lavora umilmente sotto il soffio ispiratore dello Spirito Santo; senza questa ispirazione egli non potrebbe neppure tentare di lavorare.[…].
Questa è la più forte emozione, se vogliamo anche laica e matematicamente dimostrabile, che auguro a tutti.
3. Come è cambiata nel tempo la sua professione?
Nei primi anni della mia attività professionale lasciavo un biglietto da visita con su scritto “Storico dell’Arte – Museologo” chi lo riceveva lo osservava con attenta diffidenza chiedendomi subito cos’era questa professione? Esiste un albo? Chi siete?
Oggi, possiamo dare la nostra business card senza ricevere nessuna domanda.
Piuttosto permangono alcune confusioni di ruoli, compiti, funzioni e specializzazioni.
Un critico d’arte, un antropologo, un etnomusicologo, un archeologo, un architetto, un geologo, non necessariamente sono anche un museologo o un organizzatore di mostre, ad ognuno il suo!
Le professioni sono tali quando sono specializzate e non generalizzate!
Per cui, come scrive il filosofo Ludwig Wittgenstein: “Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”.
4. Che impatto sta avendo il digitale nel suo settore?
Direi ancora basso nel pensiero e nelle metodologie, appena più alto nell’uso quotidiano degli strumenti, ma lontano da quella che viene correttamente chiamata come un’innovativa Umanistica Digitale.
Pensare digitale non significa riempire i musei di computer o andare sui social network, ma utilizzare un metodo di conoscenza più vicino a quello delle mappe mentali che, digitalmente e in modo sincronico e multidisciplinare, consentono di accedere alla conoscenza e alla comunicazione.
Significa sviluppare e velocizzare le nostre sinapsi neuroniche con i sistemi informatici e dell’Intelligenza Artificiale, per capire meglio il nostro mondo e ipotizzare un futuro migliore.
Senza il mondo digitale non avrei forse mai potuto scoprire le più antiche regole della Divina Proporzione criptate da Leonardo nel suo famoso disegno.
Nella rete e nel metodo del digitale mi è stato possibile consultare testi, contenuti e immagini in un numero straordinariamente imponente e comparato, un lavoro letteralmente impossibile da fare in biblioteca o negli archivi.
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5. Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua professione?
Di buoni consigli non richiesti sono lastricate le strade dei fallimenti personali e interpersonali, e quindi non ne do più da tempo!
Però vedo troppi giovani “formattati” e non già formati!! Ma non è sempre colpa loro!!
So comunque per certo che oltre l’impegno, costante e consistente, è necessario mettere insieme la passione, e scegliere i giusti maestri.
Non bisogna avere troppa paura di fallire e di provare e riprovare sempre.
Inoltre, è indispensabile essere eclettici, in grado di mettere insieme più informazioni e condizioni, seguendo proprio lo schema delle mappe mentali.
Questo non significa fare un po’ di tutto, e male, significa fare una certa e precisa attività mettendo in relazione e combinando tra loro più informazioni ed esperienze.
Non si può capire l’arte se non ti sei sporcato le mani di colore, olio di lino e acquaragia, e se non hai mai portato un dipinto su un’Apecar, ma questo non è un dogma, vale anche saper cambiare una scheda RAM, riparare una presa di corrente elettrica o scrivere un codice binario:
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ANCHE ROBERTO CONCAS E’ SU PROFESSIONE ARTE
“PROFESSIONE ARTE” LA PRIMA GUIDA PER CHI DELL’ARTE VUOLE FARE LA SUA PROFESSIONE